31 marzo 2018

Gagliano Giuseppe L'informazione come strumento offensivo Il Caso OGM

Nel 1983, le mutazioni genetiche effettuate in laboratorio sembravano orientarsi verso una futura rivoluzione tecnologica. Gli industriali avevano investito ampiamente nella ricerca e nello sviluppo di questa biotecnica, in particolare in ambito vegetale. A tale riguardo predisposero numerosi accordi inerenti le nuove tipologie di piante create mediante transgenesi. La rapidità delle azioni, associata a una propaganda aggressiva, fu per gli agricoltori europei una fonte di preoccupazione, aggravata dalle dichiarazioni del settore industriale agrochimico in merito alla resistenza delle piante ad insetticidi ed erbicidi. La questione, legata ai possibili rischi per l’uomo derivanti dagli organismi geneticamente modificati, sollevava già una polemica sulle potenziali ripercussioni sull’ambiente e sulla salute. Parallelamente, cresceva un ulteriore timore, ovvero quello di un’eventuale dipendenza dell’agricoltura europea nei confronti delle multinazionali agrochimiche americane. L’opinione pubblica europea, divenuta diffidente dopo gli episodi della mucca pazza e dei polli alla diossina, ha mantenuto fino ad oggi un atteggiamento estremamente cauto e vigile rispetto a questa nuova forma di agricoltura, esigendo un’identificazione di tutti i prodotti geneticamente modificati. Tale rivendicazione è stata accolta a partire da febbraio del 2000, con la procedura di etichettamento sistematico degli alimenti transgenici.

 
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